Il workspace design migliora la produttività? Non è una novità dire che negli ultimi tre anni il mondo del lavoro è stato profondamente modificato dalla pandemia e dall’introduzione massiccia dello smart working. Eppure, le ultime ricerche disponibili confermano che c’è voglia di tornare in ufficio. Un ufficio diverso da prima, con un workspace design più smart, più sostenibile e, soprattutto, da frequentare in modalità ibrida.
Era il 2011 quando apparse, sulle colonne del sito di Harvard Business Review un articolo dal titolo “The Happiness Dividend”. Una pietra miliare nello studio delle relazioni tra workspace design e produttività. Al punto che l’autorevole rivista Forbes lo cita, senza metterne in dubbio la validità, a distanza di ben dieci anni.
Interessanti i numeri forniti dallo studio HBR: un buon livello di soddisfazione dei propri dipendenti vale, in media, un aumento della produttività aziendale del 31%, un incremento delle vendite del 37% e un miglioramento nell’accuratezza di svolgimento dei propri compiti del 19%.
Ma, ancora più interessante è scoprire che la soddisfazione dei dipendenti non è solo questione di stipendi. Ma la “promozione di un modo di lavorare piacevole e salutare, creando condizioni e spazi in cui i dipendenti possano sentirsi appagati e stimolati”. Insomma… un mix elementi soft (le relazioni) e di elementi hard (il wokspace design).
Michael Page, una società che di risorse umane se ne intende, nelle pagine del suo blog, dichiara:
“Le più recenti ricerche psicologiche aiutano ad individuare gli elementi su cui poter intervenire facilmente per creare un ambiente di lavoro produttivo e confortevole: la presenza di piante ed elementi naturale incrementano le capacità di attenzione, la personalizzazione della postazione di lavoro incrementa il benessere mentale, la presenza a portata di mano di lavagne a muro e pennarelli stimola la produzione di idee”.
Gli elementi sottolineati da Michael Page possono essere codificati in modo schematico in diversi punti:
Si obietterà che tutte queste osservazioni ormai fanno parte di un mondo che non esiste più. Che la pandemia, introducendo nuove modalità lavorative, ha spazzato via tutte le certezze che negli anni si erano sedimentate in relazione alla psicologia e alla sociologia del lavoro.
Tuttavia, la conferma che una migliore vita in ufficio significa migliore produttività arriva anche in tempi recenti. Precisamente da uno studio Nomisma, pubblicato a gennaio 2023, e realizzato in collaborazione con 10 aziende e 500 dipendenti dell’area di Milano.
Se, come elemento principale dell’ufficio del futuro, emerge che questo sarà smart e sostenibile, è molto interessante esaminare le slide finali rapporto. Quelle cioè relative ai criteri di scelta, nella percezione dei dipendenti, della sede aziendale ideale.
Ciò che emerge non si discosta di molto quanto scoperto da The Happiness Dividend, l’articolo citato in apertura di questo pezzo: sono sia elementi hard, come la vicinanza alla metropolitana, la struttura dell’edificio, l’organizzazione della luce, del verde e degli spazi, e la sua la collocazione all’interno della città, che aspetti soft, che impattano sulla crescita professionale della persona e sull’organizzazione del suo lavoro in azienda (ad esempio lo smart working hybrid).
Sebbene nell’immediato periodo post COVID si credeva che il luogo di lavoro per antonomasia, l’ufficio, sarebbe stato sostituito da modalità interamente smart, a distanza di qualche tempo la realtà dimostra che l’ufficio è destinato a rimanere un luogo prioritario nel quale lavorare. Le motivazioni sono diverse:
Da ultimo, ma non per ultimo, un ambiente di lavoro organizzato in un workspace design ampio, luminoso, verde, smart e sostenibile, può aumentare la motivazione e la produttività.
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